Teatro – Simone Mannino: «In Sicilia è arrivato il momento di fare una rivoluzione» L’eclettico artista palermitano, rientrato dalla Turchia dopo il fallito golpe del 2016, porta nella sua città "Hard to be Pinocchio" di Giusy Messina – Sicily Mag
Istanbul nel 2012, con i suoi 16 milioni di abitanti, era una città che stava crescendo tantissimo, ricca di fermenti culturali. Vivace e veloce. Quando arrivammo lì con l’ensemble Atelier Nostra Signora, prendemmo subito uno studio. Noi c’eravamo nel 2013 a parco Duisi quando furono repressi alcuni manifestanti della primavera araba. Mese dopo mese le libertà si assottigliavano, l’aria era cambiata. Dopo il fallito golpe militare del 2016, venne destituito il direttore artistico di Harbiye Tiyatro che mi aveva commissionato lo spettacolo. Doveva essere in lingua turca e recitato da attori turchi. Lo spettacolo fu annullato, la produzione in partenza, non restava che ritornare a Palermo. Li’ però ho lasciato una parte di me. Sono tanti gli amici intellettuali che continuano a vivere sulla propria pelle il dramma di quest’esperienza che non è ancora finita». Simone Mannino, 37 anni, artista eclettico, palermitano di nascita ma cosmopolita per scelta e per lavoro, racconta con un filo di commozione la genesi del suo nuovo spettacolo “Hard to be Pinocchio” (di cui firma adattamento, scene e regia) che debutterà in anteprima nazionale il 29 settembre al Teatro Biondo di Palermo (con replica il 30) per poi volare all’Out Off di Milano, avamposto del teatro italiano d’avanguardia, il 4 ottobre (con repliche il 5 ed il 6).
L’esperienza in Turchia lo ha profondamente provato. «Non avevo scelta. Non mi era possibile rientrare. In questi mesi ho apprezzato il privilegio di vivere in una società che mi permette di muovermi liberamente. Lo scorso anno quando portammo a Palermo “Womb Tomb” al Festival del Teatro Bastardo, dove recitavano attori turchi, fummo costretti a chiedere molti permessi speciali». Ritornato nel capoluogo dell’Isola circa un anno fa, Mannino riscrive il testo ed approfondisce la bellezza della lingua italiana dell’800. «La dissacro ma con rispetto – dice- perché non dimentichiamo che la favola di Collodi, così come le avventure di Giamburrasca, sono libri di formazione che hanno aiutato a costruire l’Italia ed il modello di bambino. E poi sono talmente legato alla tradizione che ho fatto ricomporre al compositore Gaetano Dragotta, che suonerà dal vivo, l’Adagio in G minore di Albinoni. Ma non mancheranno le sorprese».
Già dalla locandina, uno scabro fiammifero invece del solito naso lungo di Pinocchio, accende la curiosità. Il bugiardo per eccellenza, che con il suo carico di marachelle e di prove diventa faticosamente “uomo”, è il pretesto per porsi e porre domande universali, con un linguaggio moderno e trasversale, mescolando ed intersecando diversi registri comunicativi.
Dal teatro alla pittura alla scultura fino alla musica dal vivo, che mette insieme valzer e musica elettronica, “Hard to be Pinocchio” è l’occasione per lo spettatore di riallacciare i fili del proprio cammino esistenziale.
«Una rilettura visionaria in tre atti che offre allo spettatore una prospettiva ribaltata, esistenziale che- assicura l’autore- lo sedurrà e spiazzerà sino alla fine».
Una provocazione. Domande universali alle quali il pubblico è chiamato ad interrogarsi, a fare uno sforzo per capire. Sembra un paradosso, nell’epoca delle fake news, riparlare di Pinocchio. Ma c’è un distinguo.
«Se la menzogna tradisce la verità -aggiunge Mannino- la bugia per me ha un’accezione felliniana che è quella di amplificare la realtà attraverso la fantasia e l’immaginazione. Fin da quando ero bambino raccontare bugie significava ingigantire i fatti, arricchendoli di nuovi contenuti. Il libro di Collodi per me è un romanzo epico che racconta il difficile cammino che ogni uomo fa nel suo divenire, nella sua costruzione a costituirsi maschera sociale».
Regista ed autore teatrale, ma anche pittore e scultore estraneo ai percorsi accademici, Simone Mannino all’età di 17 anni, dopo il diploma al liceo artistico, ha frequentato il Teatro Garibaldi della Kalsa dove Matteo Bavera e Carlo Cecchi, accoglievano i nomi di grande rilevanza europa: da Emma Dante a Peter Broook, da Antonio Latella a Wim Wenders.
«E’ stato lì che ho fatto la mia gavetta – ricorda Mannino- e facevo di tutto, persino pulire i bagni se occorreva, pur di imparare». Da assistente alla regia di Cecchi, il giovane Simone inizia a respirare la polvere del palcoscenico e ne resta magicamente affascinato. Ma se a Palermo nasce la sua vocazione, sono le importanti collaborazioni internazionali a formarlo.
«Hard to be Pinocchio- continua Mannino- è un lavoro di convergenza in cui confluiscono tutte le mie esperienze in giro per per il mondo: da New York a Basilea, da San Pietroburgo ad Instanbul. E proprio qui avevo pensato di far recitare i bambni turchi di un quartiere malfamato dove avevo preso lo studio. I loro sguardi mi ricordavano quelli di alcuni bambini palermitani abbastanza vivaci.
Ma poi, come ho raccontato, è saltato tutto ed ho dovuto ricominciare da capo. Anche se l’idea del bambino è rimasta. Tra gli interpreti, infatti, c’è un giovane ragazzo palermitano di 13 anni al suo esordio, Claudio Pecoraino».
“Hard to be Pinochhio” è una favola per adulti consigliata ad un pubblico dai 14 anni in su «perch é – spiega Mannino dobbiamo rispettare l’immaginazione del bambino. Qui lo spettatore è provocato. A riflettere, a confrontarsi con il suo percorso iniziatico, ad interrogarsi sul rapporto padre-figlio». A fare da guida Geppetto, che diviene un personaggio universale che si pone in modo ossessivo domande sull’essere.
«Alla fine credo proprio che Pinocchio non esiste, che sia solo un’invenzione, un’illusione della mente che entra prepotente nelle domande del padre».
Uno spettacolo ricco di suspense che fino alla fine condurrà lo spettatore in un viaggio attraverso un modo nuovo e diverso di vivere l’esperienza teatrale, e che riflette il vissuto artistico di Simone Mannino che ha collaborato, fra gli altri, con Carlo Cecchi, Titina Maselli, Matteo Bavera, Franco Scaldati, George Lavaudant, Ricci/Forte, Andrea De Rosa, Ipek Bilgin, e Antonio Latella.
Nelle vesti di costumista e scenografo nel 2013 ha ricevuto il premio nazionale “Le maschere del teatro italiano” come migliore scenografo e costumista per lo spettacolo “C’e’ del pianto in queste lacrime” (nomination premio UBU 2013). Nel 2018 ha debutta nella lirica come scenografo di Falstaff di Giuseppe Verdi, diretto da Valery Gergiev al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo. E sarà proprio in questo teatro, uno dei cinque migliori al mondo, che il prossimo 31 dicembre firmerà le scene de”La Lucia di Lammermoor “ di Donizetti. A febbraio, invece, curerà scene e costumi a Napoli per “Pulcinella”.
Insieme Jesse Gagliardi e a Philippe Berson, nel 2010 Simone Mannino ha creato Atelier Nostra Signora, dedicato al romanzo di Carmelo Bene, un ensemble multidisciplinare con sede a Palermo e a Istanbul che mescola nella sua ricerca linguaggi legati alle arti visive, al cinema ed teatro. Ma anche fucina di giovani artisti e talenti che, in occasione dello spettacolo “Hard to be Pinocchio”, presenteranno le loro opere. Tra le novità dell”Atelier, la prossima apertura di una nuova sede sede in una chiesa sconsacrata del ‘600 nel centro storico di Palermo «Palermo ho imparato ad apprezzarla e amarla osservandola con occhi stranieri – conclude Simone-. Devo molto alla mia città, mi ha formato, ha alimentato quell’immaginazione che mi ha aiutato a non soccombere al vuoto che avevo intorno. Di contro penso che in Sicilia ci siano ancora grandi lacune che occorre colmare.Per esempio penso sia arrivato il momento di affidare la gestione di teatri e musei ad artisti ed operatori culturali giovani, capaci di riscrivere nuovi linguaggi, con una visione più ampia. E’ arrivato il momento di fare qui una rivoluzione»
Giusy Messina
Sicily Mag