MEDITERRANEAN ENSEMBLE
TOWARDS A MEDITERRANEAN ENSEMBLE
The dramaturge Eva-Maria Bertschy in conversation with director Simone Mannino and actor Jamel Madani
EMB When we started working on Prometeo, you told me about the idea of founding a Mediterranean ensemble in Palermo. You’ve been on the road a lot as a set designer, artist, director, all over Europe, in Turkey, in Russia, but this would be a project worth committing to in the city where you grew up. You want to build something here. How do you envisage that?
SM When Peter Brook founded the global Ensemble and the Centre international de Re- cherche théâtrale back then, he was in a crisis. He asked himself the question: Why theatre? So he set out on a two-year journey with an ensemble of actors from differ- ent cultures to explore this question and confront new forms of theatre. When they returned from the trip, they had used up all their money. Peter Brook and his wife then travelled to the USA, where they met a millionaire who gave them a few millions. They were thus able to build Le Théâtre des Bouffes du Nord in Paris, in an old theatre à l’italienne that had been empty for years and was totally run down.
That’s about how I imagine it: the search is in the journey and the question is always the same. There are many unused theatres in Palermo that could be suitable. I already have my eye on one, of course. All I need now is to find a millionaire. (He laughs.) The question of financing is central of course. You can’t do anything without money. And in southern Italy, cultural subsidies are less generous than in Germany or France.
JM That’s exactly why you should consider whether you would perhaps prefer to found the Mediterranean ensemble in Tunisia. Tunis would be a good place for it. I’m not say- ing that because I grew up there and love this city. But because in Tunis you can do much more with little money. Everything is much more expensive here and people still earn very little. At the same time, Tunisia is one of the only countries in the Arab region where there is subsidised theatre and the government is actually interested in culture.
EMB Does the Mediterranean Ensemble need a location at all?
SM It doesn’t necessarily need a location. In my mind, however, it is important for it to be lo- cated somewhere. Palermo seems interesting to me because of its geographical loca- tion in the centre of the Mediterranean. And also because Sicily never really belonged to Europe and Tunisia was always closer than the north of Italy. At the centre of the Mediterranean ensemble, however, is not so much a place as an association of artists, i.e. actors from all the countries around the Mediterranean. “A strange sight, to scrape the seabed and see bodies raining down on you. I have seen millions of them, swimming over Tunis, Palermo, Alexandria, Marseille, Algiers, Athens, Beirut, Barcelona, Tel Aviv, Istanbul, Tangier, Tripoli…”, says Prometheus in our play. It is a matter of developing a common theatrical language, and perhaps even a Mediterranean theatrical circuit.
EMB We took a first step with Prometeo by asking actors from Tunisia and Italy to participate.
SM Of course, that brings with it the very pragmatic difficulty that we have to communi- cate in one language in rehearsals. And then there is the question of which language we speak to the audience. We have only become accustomed to watching theatre from other linguistic areas since we started regularly using surtitles in the theatre. In “Prometeo”, the actors speak Italian and Arabic on stage. It wasn’t that complicated to find actors in Tunisia who also speak Italian. Tunisians have a lot more connections to Italy than you might think at first.
JM There is a whole district in Tunis that we call “la petite Sicile”, a former harbour district. We used to have only Italian television at home. The Italian language is very close to me, even though I don’t speak it and had to relearn it for the play.
EMB But it’s also about a physical and gestural expression of the actors that is shaped by theatrical cultures, acting schools and styles that are very different depending on their origin.
JM These differences are mostly superficial. If you cry on stage as an actor, everyone un- derstands. When we get to what is human, the cultural differences are no longer relevant.
EMB So is it about finding a common humanity?
JM A Tunisian actor who has often played in Italy – a storyteller – used to say, at the begin- ning of the performance: When we walk along the beach in Italy, we step with our feet into exactly the same sea as in Tunisia. We are fatefully connected to each other. We cannot defend ourselves against it.
VERSO UN ENSEMBLE MEDITERRANEO
La drammaturga Eva-Maria Bertschy in conversazione con il regista Simone Mannino e l’attore Jamel Madani
EMB Quando abbiamo iniziato a lavorare su Prometeo, mi hai parlato dell’idea di fondare un ensemble mediterraneo a Palermo. Sei stato molto in giro come scenografo, artista, regista, in tutta Europa, in Turchia e Russia, ma questo sarebbe un progetto per cui vale la pena impegnarsi nella città dove sei cresciuto. Vuoi costruire qualcosa qui. Come te lo immagini?
SM Quando Peter Brook fondò allora l’Ensemble globale e il Centre international de Re- cherche théâtrale, era in crisi. Si pose una domanda: Perché il teatro? Così partì per un viaggio di due anni con un ensemble di attori provenienti da diverse culture per es- plorare questa domanda e confrontarsi con nuove forme di teatro. Quando tornarono dal viaggio, avevano esaurito tutti i loro soldi. Peter Brook e sua moglie si recarono allo- ra negli Stati Uniti, dove incontrarono un milionario che diede loro alcuni milioni. Hanno così potuto costituire Le Théâtre des Bouffes du Nord a Parigi, in un vecchio teatro all’italiana che era rimasto vuoto per anni ed era completamente degradato.
È più o meno così che lo immagino, la ricerca è nel viaggio e la domanda è sempre la stessa. Ci sono molti teatri inutilizzati a Palermo che potrebbero essere adatti. Ne ho già adocchiato uno, naturalmente. Ora solo devo trovare un milionario. (Ride) La ques- tione del finanziamento è centrale, naturalmente. Non si può fare nulla senza soldi. E nell’Italia meridionale le sovvenzioni culturali sono meno generose che in Germania o in Francia.
JM Questo è esattamente il motivo per cui dovreste considerare se forse preferireste fondare un “ensemble mediterraneo” in Tunisia. Tunisi sarebbe un buon posto per farlo. Non lo dico perché sono cresciuto lì e amo questa città. Ma perché a Tunisi si può fare molto di più con pochi soldi. Qui tutto è molto più costoso e la gente guadagna ancora molto poco. Allo stesso tempo, la Tunisia è uno dei pochi paesi della regione araba dove c’è un teatro sovvenzionato e il governo è davvero interessato alla cultura.
EMB Il progetto di “Ensemble Mediterraneo” ha bisogno di un luogo?
SM Non necessariamente penso, tuttavia è importante che ci si trovi da qualche parte, forse più di una. Palermo mi sembra interessante per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo. E anche perché la Sicilia non è mai appartenuta veramente all’Europa e la Tunisia è sempre stata più vicina del nord Italia. Al centro del “ensemble mediterraneo”, però, non è tanto un luogo, quanto un’associazione di artisti, cioè di attori di tutti i paesi del Mediterraneo. “Strano spettacolo, raschiare i fondali e vedere corpi pioverti addosso. Ne ho visti a milioni, nuotando sopra Tunisi, Palermo, Alessan- dria, Marsiglia, Algeri, Atene, Beirut, Barcellona, Tel Aviv, Istanbul, Tangeri, Tripoli…, dice Prometeo nello nostro spettacolo. Si tratta di sviluppare un linguaggio teatrale comune. E perchè no, forse anche un circuito teatrale mediterraneo.
EMB Abbiamo fatto un primo passo con Prometeo chiedendo ad attori tunisini e italiani di partecipare.
SM Naturalmente, questo porta con sé la difficoltà molto pragmatica di dover comunicare in una lingua nelle prove. E poi c’è la questione di quale lingua parliamo al pubblico. Ci siamo abituati a guardare il teatro di altre aree linguistiche solo da quando abbiamo iniziato a usare regolarmente i sopratitoli in teatro. In Prometeo, gli attori parlano italiano e arabo sul palco. Non è stato così complicato trovare attori in Tunisia che parlassero anche italiano. I tunisini hanno molti più legami con l’Italia di quanto si possa pensare all’inizio.
JM C’è una zona a Tunisi che chiamiamo “la petite Sicile”, un antico quartiere portuale. A casa avevamo solo la televisione italiana. La lingua italiana mi è molto cara, anche se non la parlo e l’ho dovuta reimparare per lo spettacolo.
EMB Ma si tratta anche di un’espressione fisica e gestuale degli attori che è plasmata da culture teatrali, scuole di recitazione e stili molto diversi a seconda della loro origine.
JM Queste differenze sono per lo più superficiali. Se piangi sul palco come attore, tutti capiscono. Quando si arriva a ciò che è umano, le differenze culturali non sono più rilevanti.
EMB Si tratta quindi di trovare un’umanità comune?
JM Un attore tunisino che ha recitato spesso in Italia – un cantastorie – era solito dire, all’in- izio dello spettacolo: Quando camminiamo sulla spiaggia in Italia, entriamo con i nostri piedi esattamente nello stesso mare della Tunisia. Siamo fatalmente legati l’uno all’altro. Non possiamo difenderci da esso.